Piccola frazione del comune di Gignese, Nocco sorge quasi alla sommità di un piccolo colle verde di boschi e di prati. L'abitato è volto però ad occidente per maggiormente godere della luce solare. Solo una breve depressione lo divide dal suo capoluogo che gli si para di fronte a un chilometro di distanza: ormai senza soluzione di continuità per le nuove costruzioni e le villette sorte in questi anni di espansione turistica.
Il nome viene fatto derivare un po' fantasiosamente dall'albero delle nocciole, forse un tempo più diffuse e coltivate. Nessun ritrovamento suffraga origini remote del paese; ma certo nell'Alto Medioevo esso era già formato, visto che il vescovo Litifredo (morto nel 1151), alla presenza del prevosto di Baveno, Giovanni, ne aveva consacrata la chiesa, dedicata a S. Stefano (a). La popolazione dipendeva spiritualmente da Graglia la cui parrocchia era già attestata alla metà del '300. La chiesa attuale è un edificio del XVI secolo, ampiamente restaurato in epoca successiva. Nel 1633 Nocco si staccò da Graglia formando una parrocchia autonoma. All'interno della parrocchiale si conserva un pregevole dipinto (Sposalizio della Vergine) di buona fattura cinquecentesca.
Nel 1759 si diede avvio alla costruzione dell'oratorio della Madonna di
Loreto, oggi abbandonato, nei pressi del cimitero (b). Il nome di uno
slargo, piazza Castello (c), ha suggerito la presenza di una
fortificazione; più verosimilmente di una casa-forte in grosse pietre di
granito bugnato, che si intravvede sulla sinistra della piazzetta. Nella
carta aronese del XIII secolo, sono ricordati gli eredi Ricardi de
Roncario, che pagavano un canone pro terra de Noco: a conferma della
mobilità delle persone su un territorio ancora in fase di
riorganizzazione amministrativa.
La storia di Nocco è una storia di fatiche e di stenti per sopravvivere.
Il suo territorio si estende sino alla valle della Scoccia o Erno,
comprendendo la collina morenica della Scincina e la valle dell'Agogna
sino alle sorgenti presso l'Alpe Torona, sul colle delle Tre Montagnette
o Motta di Coiro. Una lunga striscia di terra dunque, per sfruttare
pascoli, boschi e sorgenti, che eran poi l'unica ricchezza di un tempo.
Per questi terreni, e per il transito degli armenti, vi furono numerose
e interminabili liti con Gignese, anche a motivo di un fragile ponte
sulla Scoccia, travolto da ogni ingrossamento del torrente. Nelle
inchieste per il censimento del 1722, il quadro disegnato dagli uomini
di Nocco non è molto consolante: «Li terreni del commune di Noccho, qual
resta sopra la costa d'un monte sassoso e disastroso, sono divisi in
vari pezzetti... De' frutti non se ne fanno per vivere tre mesi
del'anno, così che ciascuno delli huomini è costretto andarsene per il
mondo a guadagnarsi il vito, di maniera che non siano che due a casa tra
tutto il commune». L'emigrazione è ricordata anche dal vescovo Bertone
nel 1761: «Gli abitanti lavorano i campi e le vigne; ma molti esercitano
mestieri ambulanti: calzolai, cuoiai, e concia-pelli». Pochi decenni
dopo, l'attività prevalente divenne quella dell' ombrellaio. Presso il
bivio fuori paese è stata posta una colonna di granito (e), con targa in
memoria di questi ambulanti o 'lùsciàt', come si diceva in gergo
'tarùsc': «Nocco paese ombrellaio ricorda i suoi 'lùsciàt'». Tra questi
emigranti un ruolo di rilievo svolsero, in particolar modo, coloro che
con sapienza e caparbietà seppero creare rinomati negozi e fabbriche, e
delle ricchezze così accumulate fecero partecipi il paese natio e i
compaesani meno fortunati. Va posto in debito risalto il rinnovamento di
questi villaggi grazie a impresari e commercianti che, ritornati in
patria, ammodernavano le case, beneficiavano le istituzioni
filantropiche e rivestivano le cariche pubbliche con mentalità
'cittadina'.
Lo spopolamento dei paesi collinari fu tuttavia costante e inesorabile,
e interrotto soltanto dall' avvento del turismo di massa e dal fenomeno
della seconda casa. Di questo nuovo benessere beneficiano in varia
misura un po' tutti, e così anche l'aspetto del paese si va
trasformando.
Nel 1958 la 'Famiglia Nocchese' distribuì diverse Madonnine in
terracotta che ornano le vecchie case, anch'esse ormai ammodernate per
offrire quei conforti oggi necessari sia per la qualità della vita, sia
per il notabile incremento delle persone anziane
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