Frazione di Gignese dal 1928, Vezzo conserva
ancora un aspetto contadino nei portali, fienili, cortili con il pozzo e
l'immagine devozionale, i doppi loggiati (lòbia e lubión) delle case del
XVII-XVIII secolo, più spesso in pietra a vista e con archi sostenuti da
colonne. Attorno al vecchio centro, le nuove ville e i villaggi
residenziali. Presso il cimitero sono stati rinvenuti sparsi frammenti
di ceramica del periodo romano, e anche il nome Vezzo vien ritenuto di
origine romana, se non gallica. La prima attestazione del paese è
contenuta nella carta aronese databile al 1269, dove compaiono persone
di Vezo che pagano tributi per le terre di Mazere (= Machere, a
Magognino) e di Vedasco. Se si legge la carta alla luce degli eventi
successivi si può ipotizzare che i beni in questione fossero situati sul
Mergozzolo, dove Vedasco possedeva estesi terreni, un tempo certo
proprietà comuni e poi frazionati non senza interminabili controversie.
Nel 1519 Vezzo denunciò l'aggressione di uomini di Stresa per questioni
di confini, con l'abbruciamento di una cascina e sottrazione di beni. Il
paese ebbe famiglie di un certo rilievo, con ecclesiastici, notai e
funzionari pubblici: Visconti, Calandra, De Antonis.
Ad una di queste è verosimilmente da
assegnare il palazzotto cinquecentesco noto come 'castello' e sul quale
era scolpita l'arme dei Borromeo. Si ha pure notizia di un pittore, Gio.
Antonio Martinoli, attivo all'inizio del Seicento a Baveno, Campino,
Comnago e Ghevio. Nello spirituale Vezzo dipendeva da Carpugnino, dove
sin dal 1452 ebbe residenza un canonico di Baveno. La chiesa, dei SS.
Giovanni e Paolo, è citata solo in carte del Cinquecento: ma era già
malconcia e venne ricostruita all'inizio del secolo successivo.
Contemporanea è la costruzione dell'oratorio detto della Crocetta e
dedicato all'Assunta, restaurato verso la metà del Settecento. Nel 1760
Vezzo ottenne la separazione da Carpugnino; e alla fine del secolo data
la nuova parrocchiale , costruita sulla sommità di un colle dominante il
paese. La chiesa possedeva uno stupendo Compianto sul Cristo morto, di
ignoto pittore cinquecentesco identificato come il Maestro di S. Rocco
di Pallanza; e là, in quel Museo del Paesaggio, la tavola è stata
portata e si conserva. Dalle inchieste per il censimento del 1722
risulta che il paese, di 326 abitanti, produceva vino, fieno, segale,
castagne; vi era un'osteria con prestino, due torchi per olio e per il
vino.
Durante il
periodo napoleonico Vezzo smise di pagare le decime convenute con
Carpugnino adducendo, tra gli altri motivi, la sua povertà. Dopo la
restaurazione del 1815 Carpugnino scriveva invece che «Vezzo fa vino per
suo uso, abbonda di fieni, di noci, castagne, pascoli, bovine, etc.; e
vanta d'essere nel vicinato uno dei più floridi paesi per la copia de'
particolari benestanti che possiede». Carpugnino e Stropino si
dichiaravano invece «poveri e mendici»; c'è ovviamente da dubitare su
entrambe le affermazioni, per palesi eccesso e difetto, ma quando si
trattava di soldi da sborsare bisognava essere convincenti. Il punto più
caratteristico del paese è la piazzetta centrale o Piazza dei Caduti
dove, ai piedi della scalinata in granito rosa che sale alla
parrocchiale, si trova un centenario ippocastano circondato da un anello
in sarizzo, già vera di pozzo. Prendendo la via IV Novembre, al numero
civico 5 troviamo un affresco della Madonna di Caravaggio, salvato da
una cappella preesistente, e più avanti un incisione su pietra (caraffa
con bicchiere) probabile rifacimento di una precedente incisione con
funzione protettiva, così come alcuni archi di volta dei portoni, nei
quali sono conficcati frammenti di scorie di fusione. Tale protezione fu
poi demandata alle immagini devozionali, in particolare della Madonna,
ma anche ai ferri di cavallo, o affidata, con maggior pragmatismo, alle
targhette in latta delle assicurazioni contro gli incendi. Poco sopra
l'abitato, un casotto per latticini conserva una curiosa scritta di un
tal Contini, soldato al seguito di Napoleone in Russia e in altri
luoghi. Scendendo invece da piazza Caduti in via Cavallotti, e superata
la circonvallazione, si trova il citato 'castello', edificio
cinquecentesco dall'architettura sobria e severa. A destra un viottolo
porta al centro sportivo e al cimitero, con l'ormai abbandonata chiesa
della Crocetta. Il posto è suggestivo, e lo sguardo spazia dal Mottarone
alla dorsale di colli che scende a levante fino al poggio di Nocco, alto
sopra la valle della Grisana. Più in basso, oltre i prati e gli alberi
da frutta soppravvissuti all'abbandono della campagna, la valle di
Carpugnino e il pendio della morena verso la sommità della Motta Rossa.
Appartengono al nostro tempo la costruzione di un campo di golf a nove
buche (Golf Club Stresa) e l'edificazione, in località Panorama, di una
nuova chiesa annessa alla Casa di Nazareth; una iniziativa per
l'educazione religiosa degli adolescenti, fondata da padre Igino
Silvestrelli di Verona (1969). Il vicino Albergo Panorama, attualmente
in fase di trasformazione, ospitò Toscanini col suo allievo Cantelli e,
a più riprese, il regista-scrittore Mario Soldati il quale raccolse le
memorie dei suoi soggiorni vezzesi nel volume La messa dei villeggianti.
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