

Museo dell'Ombrello e del Parasole
Via Golf Panorama,3 28836
Gignese (VB)
Tel.
+39 0323 89622
Tel. +39 0323 208064 (direct)
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La semplice funzionalità di un accessorio
come l’ombrello rende difficile conciliare la sua utilizzazione pratica
con un’origine che sfiora il mito; eppure, pochi oggetti del nostro
vivere quotidiano possono vantare radici così antiche e leggendarie.
L’unico elemento certo è la provenienza non occidentale: la Cina,
l’India e l’Egitto si proclamano infatti paese-culla del parasole,
ciascuno con motivazioni più che valide. Queste "rivendicazioni" ci
permettono di aggiungere un altro dato sicuro ad una storia priva di
certezze: l’ombrello è, fin dal suo apparire, collegato alla
rappresentazione simbolica del potere, quando non, addirittura,
attributo della divinità. Fin dal XII secolo a.C., l’ombrello
cerimoniale apparteneva alle insegne dell’Imperatore della Cina e tale
rimase per circa trentadue secoli, fino alla scomparsa del Celeste
Impero. All’incirca nello stesso periodo, i re persiani potevano, unici
tra i mortali, ripararsi dal sole per mezzo di un ombrello, sorretto da
qualche dignitario; più democraticamente in Egitto si concedeva tale
privilegio a tutte le persone di nobile origine.
In questo paese nasce, forse, il mito
più bello, la più profonda simbologia legata all’ombrello: la dea Nut
era spesso rappresentate in forma di parasole, con il corpo arcuato a
coprire la terra, in atto di protezione e di amore. Il forte significato
di status symbol come prerogativa regale, o comunque di potere, assunto
dall’ombrello, spiega la sua contemporanea comparsa nell’immaginario
religioso. Come in Egitto, anche in India viene associato alle dee della
fertilità e del raccolto o, in senso più lato, della morte e della
rinascita: nella sua quinta reincarnazione, Vishnu aveva riportato dagli
Inferi l’ombrello, dispensatore di pioggia. Alla sfera del mito dobbiamo
l’introduzione nel mondo occidentale del nostro accessorio, che compare
in Grecia legandosi al culto di Dionisio (un dio di probabile origine
indiana), ma anche di dee come Pallade e Persefone, che tra i loro
fedeli contavano soprattutto donne.
Sono le donne che, nelle feste dedicate a queste divinità, si riparano
in loro onore con un parasole, passato nel III secolo a.C. anche nel
mondo romano, dove viene descritto dai poeti come delicato e prezioso
oggetto in mani femminili. Sembrerebbe quindi di avere delineato una
storia completa: da simbolo di potere, umano e divino, a oggetto di
lusso e di seduzione. Eppure, tra i tanti valori e segni di civiltà
cancellati dalla scomparsa dell’Impero romani, ci fu anche l’ombrello,
di cui non rimase traccia nei "secoli bui", se non per la sua
sopravvivenza nel culto cattolico, inizialmente come insegna
pontificale, poi nell’uso liturgico. Totalmente sconosciuta
all’antichità fu perciò la principale funzione utilitaria dell’ombrello,
quella di parapioggia. Mantelli, cappucci e cappelli di pelle risolsero
il problema della pioggia nel mondo classico ed in quello medievale.
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